Se fosse stato ancora in vita avrebbe compiuto 50 anni, Lee Alexander McQueen, e per celebrare uno dei più grandi geni della moda degli ultimi 20 anni è stato proiettato nelle sale cinematografiche il film documentario Alexander McQueen. Il genio della moda.
Il documentario che lo racconta, diretto da Ian Bonhôte e co-diretto e scritto da Peter Ettedgui, analizza la vita di McQueen dai suoi esordi come studente della Saint Martin fino al suo arrivo come direttore creativo da Givenchy.
Il lungometraggio mette in evidenza, attraverso il racconto di amici e parenti, il genio creativo di McQueen ma anche l’oscurità che lo ha tormentato, dall’uso di droghe fino alla depressione che lo spinse al suicidio.
Semplice ragazzo della proletaria East London, nato nel 1969, ultimo di sei figli, dal tassista Roland e dall’insegnante di scienze sociali Joey, Alexander non dimenticherà mai le sue umili origini ma anzi ne farà tesoro e continua fonte di ispirazione.
A 16 anni lascia la scuola ed inizia l’apprendistato come sarto a Savile Row, prima nel retrobottega di Anderson & Sheppard e poi da Gieves & Hawkes.
Instanziabile e avido di imparare, fugge a Milano e una settimana dopo, senza neanche conoscere l’italiano, inizia a lavorare al fianco di Romeo Gigli.
Ed è proprio Gigli a raccontare che dopo averlo costretto a rifare una giacca diverse volte, mai soddisfatto del risultato, all’ennesimo tentativo fallito, decide cosi di scucire il capo, scoprendo all’interno la scritta “Fuck you Romeo”.
Tornato a Londra grazie all’aiuto economico della zia riesce a studiare alla Saint Martin iniziando cosi la sua rapida ascesa al successo. Tanto è che la sua collezione di laurea venne notata dall’icona del fashion system Isabella Blow, che decise di acquistarla per 5000 sterline. Isabella Blow divenne cosi una figura fondamentale nella vita di McQueen, non solo per essere stata la persona che lo aveva scoperto, ma anche per essere diventata sua musa ispiratrice e migliore amica.
Il documentario prosegue mostrando le prime collezione del designer da quella dell’ autunno/inverno 1995-1996 intitolata lo Stupro delle Highland, fino al suo arrivo da Givenchy per poi arrivare alla sua ultima e grandiosa sfilata Plato’s Atlantis del 2009, la sfilata in cui le modelle simili ad essere marini “spaventosi” indossavano abiti con stampe grafiche, aprendo cosi l’era del digitale nella moda, infatti McQueen ne fu proprio il precursore, e con ai piedi le indimenticabili “armandillo shoes”, scarpe con il tacco che sfioravano i 30 cm di altezza, indossate anche da Lady Gaga nel video Bad Romance.
Particolarmente toccante l’intervento dell’amico e collaboratore Sebastian Pons quando racconta che nell’ultimo periodo lo stilista accennava al suicidio.
Si arriva poi all’ultimo atto di questa gloriosa quanto tragica vita, siamo al l’11 febbraio, Alexander McQueen si suicida lasciando un vuoto incolmabile nel modo della moda. Affaticato dai demoni che lo avevano sempre perseguitato, logorato dalla droga, distrutto dalla morte della sua migliore amica Isabella Blow, che si era tolta la vita nel 2007 avvelenandosi, ed in ultimo dalla morte della madre avvenuta soli pochi giorni prima della sua, Alexander decide alla vigilia del funerale della madre di togliersi la vita nel suo appartamento e di dare un tagico epilogo alla sua vita.
Un docufilm emozionante che analizza in modo eccellente l’iperbole della vita di questo grande genio in continuo oscillamento fra grandi successi e profonda tristezza ed oscurità.
Nicola Ievola
Docente Accademia Del Lusso