La trappola di Afrodite

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L’evoluzione del capo più controverso della storia: IL CORSETTO

La mitologia greca ci spiega che sia stata proprio Afrodite, la dea dell’Amore e della Bellezza, a inventare questo capo, chiamato appunto “Trappola di Afrodite” o anche “Gabbia di Venere”. La dea regala questo “cestus” a Era, moglie di Zeus, conosciuto per le numerose tresche e scappatelle con altre dee o ninfe, in modo da sedurlo e quindi tenerselo stretto.
La parola “corsetto” nasce dal francese antico e ha la stessa radice della parola “corpo”, la cui conseguenza è il fatto che le parole “busto” o “bustino” siano suoi sinonimi.

La definizione precisa ci dice che il corsetto è “una fascia di tessuto rigido o steccato che stringeva il torace tra la vita e il seno nell’abbigliamento intimo femminile di un tempo”, quindi un capo d’abbigliamento a stretto contatto col busto e a cui aderisce perfettamente. Con o senza maniche, con o senza spalline, più o meno scollato, nel corso della storia i modelli e i materiali sono cambiati, determinando anche la terminologia adatta: corpetto, top, corsage, e altri ancora.

Ma perché veniva portato? Il corsetto venne utilizzato in primis come capo intimo, che andava ad esaltare o mortificare la rotondità del seno, quindi semplicemente per sostenerlo o per accentuare la figura ed enfatizzare la femminilità; altre volte era studiato per appiattire completamente il petto, ma le motivazioni variano a seconda del periodo storico e degli eventi sociali o ancora dell’influenza più o meno elevata della Chiesa e della religione. La prima, poco elaborata, idea di corsetto si ha all’inizio del secondo millennio con i Greci. Le donne cretesi portano un corsetto che sostiene il seno alla base e lo mette in evidenza, in quanto totalmente scoperto. L’esempio più calzante è sicuramente la statua della “Dea dei serpenti” che indossa un corsetto aderente sull’addome e che si ricollega al collo, con tanto di maniche corte.

Nel periodo Gotico medioevale, gli abiti sottolineano la figura adottando una silhouette proiettata verso l’alto e verticale, quindi
data l’aderenza del vestito al corpo viene utilizzato un corpetto stringato in modo da cingere il busto, e di conseguenza appiattire e nascondere il seno dando risalto al ventre. In questo momento si parla di “corsage” o “corset”, mentre in Italia si diffonde il termine “imbusto”.

Durante il Rinascimento invece abbiamo un corpetto scollato e senza maniche, molto attillato e reso rigido da un rivestimento in tela, in più è impunturato e rinforzato da molti fili di ottone. E’ aperto al centro davanti e sui fianchi, e modella il corpo con asole e lacci. La sua particolarità è il fatto che ad esso possono essere agganciate maniche intercambiabili tramite nastri e ganci.
Con il Cinquecento la silhouette s’irrigidisce dando un effetto molto più austero e sobrio, soprattutto in Spagna, dove qualsiasi parte del corpo doveva essere nascosta.

L’abito femminile si separa in due strutture, entrambe molto rigide: il corsetto e il verdugado. Questo corsetto è composto da stecche infilate nella fodera, le quali potevano essere di legno, di avorio, d’acciaio o di costole di balena; serviva ad appiattire il ventre e affinare la vita. Arriverà anche ad essere completamente di acciaio, causando problemi a corpo e numerosi aborti spontanei.

Nel Seicento, viene aggiunto a tutto ciò il “pièce d’estomach”, un ulteriore pezzo di tessuto steccato che sporgeva in fuori dal ventre. Dal ‘700, il corpetto viene utilizzato come capo non più intimo, ma “esterno”, che permetteva anche una scollatura molto profonda e spesso era decorato con fiocchi, fiori e nastri. Confezionati in broccato, damasco e raso di seta, il taglio è più complesso rispetto a prima tanto che sarà composto anche da più pezzi, il cui numero varia a seconda delle tipologie. Erano considerati vere e proprie opere d’arte. Se nell’epoca del Direttorio l’abbigliamento femminile si ispira ai greci e quindi alla libertà, arrivando a portare dei busti molto più comodi, il XIX è il secolo del corsetto. Viene riscoperto il piacere di valorizzare il volume del seno in contrasto con il “vitino da vespa”.

Vennero introdotte numerose invenzioni per questo capo come l’allacciatura alla “paresseuse”, che permetteva di vestirsi o svestirsi senza l’aiuto di qualcun altro. Dal ‘900 il corsetto intimo perde la sua rigidità e verrà poi abbandonato, dopo che couturiers francesi come Paul Poiret impongono linee sciolte influenzate dall’oriente, che non segnano il punto vita. Sicuramente l’uso del corsetto così stretto viene anche condannato da medici e dottori del tempo, dati i danni che causava. Le donne che lo indossavano non solo erano soggette a danneggiamenti e spostamenti di organi interni, ma rischiavano la rottura di costole, difficoltà respiratorie che portavano a svenimenti e problemi digestivi.

Vengono introdotte semplici guaine elasticizzate, che contengono il volume dei fianchi ed esaltano le spalle, le quali sicuramente non sono più comprimenti come quelli precedenti. Un ruolo importante viene sicuramente giocato da Coco Chanel, che propone capi dai tagli morbidi adatti al nuovo modello di donna dedita a lavoro e a una vita fortemente dinamica, liberando le
donne dalle costrizioni. L’idea di corsetto viene ripreso da Dior nel ’47 che lancia la linea Corolla: il vestito torna a disegnare per pubblicizzare il corsetto e il “vitino da vespa”  il corpo femminile, le spalle piccole, la vita stretta.

In ogni caso il corsetto rimane legato all’arte della seduzione, tanto da venire considerato “irresistibile agli uomini” fin dall’antichità. Il concetto base che parte dall’epoca classica era che, siccome le forme erano molto libere e sciolte, qualsiasi tipo di costrizione (che siano antiche fasce o i primi corsetti) aveva un secondo fine che sfociava nell’erotismo, e suscitava fantasie da parte degli uomini, tanto che spesso le donne avanzavano pretesti per indossare lingerie  invocando false ragioni di salute e igiene. Questo concetto viene poi dimenticato nelle epoche successive, soprattutto quando entrano in gioco le costrizioni imposte dalla Chiesa, ma questo pensiero oggi viene esposto attraverso la moda lingerie, più che altro utilizzata nel mondo dello spettacolo e della musica, travalicando il ruolo classico del corsetto e rompendo cliché contemplati nel mondo antico.

Negli anni moderni il corsetto viene riportato alla luce anche nelle sfilate e nelle collezioni di stilisti famosi. Esempi sono Vivianne Westwood, che nel 1987 si prende gioco della nobiltà inglese puritana rivoltando il capo letteralmente su sé stesso; e poi ancora Jean Paul Gaultier che spoglia la donna dalle tipiche curve, delineando una silhouette fatta da spigoli, quasi a volere intimidire lo spettatore; John Galliano, che nel ’93 racconta in passerella la storia di una principessa russa del XIX secolo con crinoline e corsetti.

Infine Thierry Mugler che nel ’95 rappresenta un corsetto futuristico, riprendendolo nel 2020 con la modella Bella Hadid. Nonostante la sua storia travagliata, il corsetto è un capo senza tempo ed evergreen, che verrà ripreso anche in futuro, adattandolo alla mentalità e alle esigenze delle nuove generazioni.

Milena Forgiarini
Studentessa di Accademia Del Lusso Milano