Il racconto di Simona Tassone

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In Accademia del Lusso gli studenti hanno incontrato Simona Tassone, artista poliedrica. Con la quale hanno affrontato il tema dell’inclusione nella moda, nell’arte, nella vita. Ecco quanto Simona ha raccontato della sua esperienza e di come oggi si senta una donna realizzata.

“Sono onorata di essere qui e felice di poter condividere la mia missione con le nuove generazioni, con il futuro”. Con queste parole si è presentata Simona Tassone, artista poliedrica, che si fa bandiera della body positivity all’incontro con gli studenti di Accademia del Lusso. Nata come restauratrice di opere d’arte, circondata dalla bellezza degli affreschi e delle chiese liguri è arrivata, dopo un lungo percorso, a restaurare anche la propria anima. Simona incontra gli studenti e, a fronte di una dichiarazione di Ansa che decreta la fine dell’inclusività, si apre il dibattito nel mondo della moda. Dalle passerelle sparisce infatti la plus size considerata trendy fino all’attimo prima e la riflessione si sposta sulla necessità di far sfilare tutti corpi in modo che nessuno possa diventare un trend.

Simona, lei è titolare di un brand di moda dedicato alle plus size: quale significato ha questa scelta e che tipo di mercato ha un brand di questo tipo?

“Intanto datemi pure del tu ragazzi, non fatemi sentire vecchia!  Ho sempre avuto l’occhio per la moda. Quando da piccola mi chiedevano cosa volessi fare da grande rispondevo: la stilista. Il brand però ha origine da un’esigenza più profonda, una mancanza di rappresentazione del mio corpo nella moda. Il mio brand, La Princess, non è solo dedicato alle plus size, ma a tutte quelle donne che vogliono sentirsi belle, felici e sicure di loro stesse”. 

Come mai il nome La Princess?

“Ho immaginato un personaggio delle favole che accompagni ogni donna in un cammino di valorizzazione della propria immagine, ma soprattutto della propria anima”.

Il mondo social è molto complesso e delicato, in che modo veicoli sui media l’idea che l’anima non ha taglia?

“L’anima non ha taglia, non ha colore, non ha sesso, non ha religione: l’anima è energia, essenza e con il tempo ho capito che è l’unica cosa che conta e quindi anche l’unica di cui voglio parlare. Credo che se iniziassimo a vedere le anime e non i corpi la nostra prospettiva sul mondo si capovolgerebbe. Ci sono tante belle facce con l’anima nera. Tutti i giorni sui social ricordo che questa non è la mia battaglia, è la nostra. Oggi il dito è puntato verso le plus size ma domani chi lo sa”.

I social sono anche il regno del body shaming e di tante altre forme di discriminazione, come ti comporti tu in queste situazioni? Ti sei mai sentita obbligata a fare qualcosa?

“Parto dal presupposto che la mia “fan base” è molto in sintonia con me e  non ho tanti haters. Ho subito body shaming per la prima volta ad 11 anni. Ho martoriato il mio corpo per omologarmi e non sentire più quelle parole. Fino a quando sono arrivata alla consapevolezza che il mio corpo è solo mio e che sono io a decidere cosa è bene e cosa no”.

Il confine tra body positivity e salute è un tema molto discusso: quale credi sia il punto di incontro?

Ovviamente il tema della salute è estremamente importante. Questo argomento però spesso viene fatto coincidere con l’estetica. Per la società, oggi, c’è un immediato collegamento tra grasso e malato.  Il binomio plus size-malattia, soprattutto in Italia, è all’ordine del giorno nonostante nel nostro paese la taglia più diffusa sia tra la 44 e la 48. Qualunque problema di salute di una persona formosa viene risolto con la frase: “devi dimagrire!”.

Simona ormai la ridefinizione dei generi è un fatto consolidato. Lo conferma la NAMED, secondo cui il 25/40% degli individui con disturbi alimentari sono uomini. Come mai nonostante ciò la body positivity è un tema trattato quasi esclusivamente al femminile, come fosse una questione di genere?

“Questo è un tema particolarmente delicato. Mi sento di dire che effettivamente, oggi, almeno nel nostro paese, è ancora una questione di genere. Nel mondo dello spettacolo, per esempio, un uomo guadagna spazio per i suoi contenuti o per il suo corpo. Ad una donna è richiesta invece una bella presenza e i contenuti passano in secondo piano. La bellezza femminile è iper rappresentata. La donna televisiva è vista ancora come la valletta”.

Come hai appena detto il mondo dello spettacolo vive di stereotipi. Vista la tua esperienza da attrice, in che modo operi la tua battaglia volta a sconfiggere il cliché dell’attrice plus size comica e sfigata?

“Io opero la mia battaglia non perdendomi d’animo e cercando di essere sempre più presente sul grande schermo, ma non è semplice. Ancora oggi ci sono ruoli che i registi non vogliono che io interpreti, banalmente una scena di sesso o di nudo in generale perché il mio corpo non è estetico, non appaga l’occhio”.

Questo è un grave problema

“Molto grave perché il cinema è lo specchio della società e in questo spaccato manca la rappresentazione di una donna plus size fiera del suo corpo”.

“La mia felicità ha un peso” è  il titolo che hai scelto per il tuo libro, non pensi possa essere fuorviante rispetto al messaggio che vuoi lanciare?

“La mia felicità ha un peso sì, ma soprattutto che peso arrivarci a questa felicità. Il percorso non è stato per nulla semplice. Sono passata attraverso il buio della depressione più profonda prima di raggiungere la luce della consapevolezza. La chiave di tutto è stata riscoprire me stessa anche attraverso l’avvicinamento alla filosofia buddista”. 

Al fianco di Simona c’era la sua manager Letizia Macedonio. Cha ha rafforzato i concetti dell’artista: “Il tuo corpo è solo tuo, come il tuo profilo è solo tuo – le ha detto parlando del body shaming -. Per questo il tema dell’obbligo o della forzatura su un social non può funzionare. il pubblico comprende subito che non è autentico. Un’identità ben costruita in un profilo è fondamentale. Se un personaggio segue solo la massa, quando questa cambia direzione si trova perso nel nulla, senza personalità”. Aggiungendo poi, a proposito del plus size: “Oggi, causa un corpo non convenzionale, ad una donna vengono chiuse innumerevoli porte in faccia. Io ho proposto Simona per diversi programmi televisivi. Mi piace l’idea di portare sugli schermi una donna di talento con un corpo non standardizzato che diventi veicolo di un messaggio di inclusione e resilienza, ma non è semplice”.

Insomma: tante parole ma soprattutto emozioni in questa che non è stata una semplice intervista ma un’orchestra a più voci- In cui gli studenti di Accademia del Lusso si sono avvicendati creando un momento di scambio e riflessione che Simona ha concluso con un semplice “Grazie”.