Black Mirror torna sui nostri schermi, per la prima volta dopo la pandemia, con la sua sesta stagione. Disponibili su Netflix dal 15 giugno, cinque episodi che hanno diviso i critici più feroci: i fan affezionati. Cosa è successo in quattro anni di assenza alla serie antologica di Charlie Brooker? O forse dovremmo chiederci, cosa è successo a noi?
Ma facciamo un passo indietro. Black Mirror nasce nel 2011 dalla mente di Charlie Brooker. Da quel momento guardare la serie ci ha messo sempre nella posizione di riflettere rispetto al ruolo di dominio che era predestinata ad avere la tecnologia sulle nostre vite. Racconti brevi, privi di un comune filo narrativo. Ambientati nel passato piuttosto che nel futuro ma sempre ispirati alla società del presente. Accomunati da un mondo distopico, reso tale dall’avvento della tecnologia più futuristica nella vita dell’essere umano. Mondo in cui, quest’ultimo, finisce per essere vittima dell’evoluzione stessa.
Visione premonitrice, con il senno di poi, che con l’ultima stagione ha fatto un passo indietro. O uno in avanti. Dipende dai punti di vista – che hanno diviso a metà il pubblico, tra chi l’ha gradita e chi non riesce proprio a passarci su. Perché per la prima volta la narrazione si concentra sulle pulsioni e sul lato oscuro degli esseri umani, maturando un nuovo filone incentrato su un’indagine della psicologia umana e sulla sua componente tossica all’interno della nostra società. Virando più verso il genere thriller e meno verso quello della fantascienza.
Provate a riflettere su questo: se creando un personal account su una piattaforma streaming firmassimo “termini e condizioni” senza averli prima letti, come ci sentiremo se la nostra vita diventasse una serie tv – screditandoci di sana pianta?
Siamo onesti, con tutto il Garante Privacy che tutela i nostro diritto primordiale di lavare i panni sporchi in casa nostra – impedendoci così di vendere le nostre vite in giro inconsapevolmente – continuiamo imperterriti a non riuscire a resistere a quel tasto “accetta condizioni generali”. Ogni volta che ce lo troviamo davanti. Perché é impossibile, ad esempio, perdere tempo a leggere un contratto solo per poter visualizzare una pagina web, no?
Break News: basta una riga per non poter più tornare indietro. Anzi, basta anche meno. Come lasciare i device che rendono le nostre abitazioni così smart, e che amiamo così tanto, costantemente attaccati alla corrente. Come Alexa, a cui basterebbe aggiornare i “termini e codizioni” filtrando quelli che non vogliamo realmente sottoscrivere.
Ed è proprio quello che succede a Joan, la protagonista del racconto breve che lancia l’ultima stagione di Black Mirror. Una storia contorta in cui la linea tra reale e fittizio sembra essere inesistente. In cui la tecnologia è in grado di distruggere la nostra vita quasi in tempo reale solo grazie al CGI. Un po’ come nel film Videodrome di David Cronenberg del 1983, in cui uno spettacolo televisivo incentrato sulla tortura (in questo caso fisica e non psicologica) è molto più vicino alla realtà di quanto si pensi.
La simbiosi perfetta che unisce due filoni narattivi: quello teclonogico, che ha caratterizzato le stagioni passate, e quello psicologico, che viene così presentato. Il “black mirror” resta protagonista. Solo che al centro della narrazione non c’è più la tecnologia come fattore causante bensì l’analisi di come questa abbia cambiato il nostro modo di pensare e agire. Rendendo noi stessi causa della nostra distruzione.
Lo stesso episodio succitato è stato sfruttato da Netflix per il lancio della sesta stagione di Black Mirror. Come? Con la campagna “You are Awful”. Basta caricare una propria foto sulla piattaforma “Strawberry” e accettare termini e condizioni. Per finire così (sul profilo Twitter di Black Mirror, almeno):



Insomma, nella nuova visione di Brooker l’essere umano non ne esce bene. È al centro del suo mondo, opportunista e subdolo. Sembra completamente privo di umanità. Così Black Mirror mantiene il suo taglio e la sua ironia, affilati come una lama, per dipingere una società completamente fuori controllo. E se la vostra vita diventasse all’improvviso una serie tv su Netflix, scoprireste di essere così terribili?