Eccentrica, visionaria, Anna Piaggi “era un’irresistibile composizione grafica che ti veniva voglia di fissare sulla carta (..) Nel vestirsi creava un’immagine. Non provocava, mai, ma evocava. Un dettaglio imprevisto, un pleonasmo stilistico, un accessorio contraddittorio, una combinazione insolita, un’imprevedibile associazione di idee e un indispensabile humor ne facevano una presenza unica”

La donna che ha ispirato la moda…
Queste sono le parole con cui Karl Lagerfeld descriveva Anna Piaggi, sua musa ispiratrice, donna alla quale ha dedicato nel 1986 il volume Anna-chronique: una raccolta di disegni, semplici schizzi a inchiostro ed acquerelli, in cui la ritraeva nella sua casa di Parigi o di Montecarlo o durante i numerosi viaggi fatti insieme. Talvolta un acquerello richiedeva cinque minuti per essere completato, altre addirittura ore, poiché poteva essere estremamente complicato definire la complessità del suo abbigliamento, del suo “migliaio di pezze” che abbinava in altrettanti modi possibili. Lei era un simbolo per la moda, non solo la indossava, la reinventa, la ispirava. Piccola di statura, voleva sempre sembrare più alta e per farlo si serviva dei suoi iconici copricapi, uno dei tanti simboli che ai nostri occhi l’hanno resa immensa.
«Con l’occhio destro osservava il presente e con il sinistro la storia» in un periodo in cui la storia «non era di moda». Lei invece era ispirata da questa: ovunque andasse cercava intorno a sé abiti che raccontassero storie, in mercatini o piccoli negozi e botteghe. Abiti che parlassero per le persone dalle quali erano stati minuziosamente decorati a mano, in modo artigianale. Lei amava tutto quello che fosse ricamato, tinto o dipinto a mano. Eccentrica visionaria, Anna Piaggi, scomparsa il 7 agosto di 11 anni fa, è stata colei che ha dato vita al concetto di «vintage». Colei che é stata in grado di ispirare artisti del calibro di Manolo Blahnik, Gianni Versace, Moschino, Giorgio Armani, Krizia, Missoni. Non parlava mai male di nessuno ma focalizzava la sua attenzione solo su ciò che le sembrava davvero interessante. Prendeva e dava inconsapevolmente tanto alle persone delle quali decideva di circondarsi.
E tra le tante persone che ha incontrato nella sua vita da una è stata influenzata più di tutte: suo marito Alfa Castaldi. Si conobbero negli anni ’50 al bar Jamaica, frequentato allora dall’ “avanguardia artistica del dopoguerra” milanese. Quel legame la cambiò profondamente a detta di chi le era più vicino: la fece rinascere. Le aprii gli occhi al mondo e alla bellezza delle sue più varie e stravaganti culture. La rese più appassionata di quanto già non fosse e diede vita al “personaggio” che noi oggi ricordiamo come Anna Piaggi.
…E ne ha riscritto il linguaggio
Donna colta ed intelligente, visionaria; era in grado di far nascere la magia con le sue parole. Ascoltarle tutt’oggi mentre improvvisa “tre modi per descrivere un abito” (min. 4:00) – un primo “fiorito e letterario delle riviste femminili”, un secondo “da rivista tecnica” e un ultimo “più popolaresco delle sarte”- emoziona come fosse poesia.
Correva rischi, amava farlo, il primo in assoluto lo ha corso per buona parte della sua vita: é stata diversa all’interno di una società. Esattamente come nelle platee delle sfilate, tra tante macchioline nere, tante donne che cercavano di sembrare eleganti nei loro tailleur pantalone, lei era colore, e vita, e gioia. Lei era la moda.
Anna Piaggi non era conosciuta solo per il suo essere estrosa e iconica ma anche per le sue grandi capacità di scrittrice e giornalista, per essere colei che ha anticipato e inventato il ruolo editoriale del direttore creativo e il concetto, oltre a quello di vintage, di made in Italy.
Amava esplorare, scoprire cose nuove, e riportare il bagaglio di questi suoi viaggi all’interno del suo lavoro. Un’inventrice, o re-inventrice se meglio vogliamo, dello stile, di figure e di lingue. “Si è inventata un alfabeto, un modo di scrivere che chiamava “algebra”, molto legato al mondo della illustrazione. La sua tendenza a coniare delle parole nuove, torturandole e sminuzzandole, derivava da questa sua visione estetica e grafica diversa, perché le vedeva in pagina prima ancora di sentirle e intenderle. La mia fortuna è stata trovare persone che avevano, come lei e Franca Sozzani, un’attenzione così profonda per l’immagine della parola scritta”, ha detto di lei il creative director Luca Stoppini.