Inside the Editorial riscoperto il Durag in un’atmosfera naturale ed a tratti distorta dando valore alle sue caratteristiche storiche e sociali.
Nasce come copricapo anti sole e per arginare la sudorazione grazie ai contadini neri che venivano sfruttati nelle piantagioni di cotone del XX secolo. Con il passare del tempo venne utilizzato come accessorio provocatorio per combattere gli squilibri sociali fra bianchi e neri negli Stati Uniti. Indossato anche da Martin Luther King, il Durag, oltre ad essere uno strumento per la cura dei capelli “wavy”, diventa soprattutto il simbolo rappresentativo della black community.
Rimane ancora aperta una questione: “Chi lo può indossare senza essere accusato di culture appropriation?”. Grazie ai numerosi video tutorial su come allacciarli e personalizzarli, la sua popolarità è aumentata diventando, secondo molti, un fenomeno modaiolo.

Necessità: grave mancanza o penuria di mezzi
Questa è la definizione data da un qualsiasi vocabolario. La società può essere ancora divisa in necessità e futilità. Quest’ultima è il mezzo di cui si nutrono le aziende: l’autorealizzazione del singolo individuo. Ormai, vendendo e acquistando sogni, i valori legati all’origine del prodotto e per il quale è considerato tale sono sempre meno importanti nel momento dell’acquisto.
Il Durag è l’eccezione che conferma la regola in quanto è ancora utilizzato per le sue qualità primarie e non solo come un’accessorio trendy.

Fisheye e realtà
La maggior parte delle foto sono state scattate con la lente “fisheye” distorcendo le proporzioni fra soggetto e background. La distorsione a sua volta interferisce con la realtà alternandola all’apparenza richiamando il ruolo che hanno i social all’interno della società odierna: luogo nel quale esprimere il proprio alter ego.


















Stylist: Filippo Cancellier
Photographer: Alberto Botter
Clothing: J-Store Jesolo
Model: Clarin Carabit Carlo, Conde Yaya