Il chiassoso silenzio di Helmut Lang

da | STYLE

Finalmetnte sfila una delle collezioni più attese del fashion month: Helmut Lang firmata Peter Do. Una disarmante semplicità che non lascia nulla al caso.

Antimoda in fashion week

L’apoteosi dell’antimoda sfila sulle passerelle newyorkesi con Helmut Lang. Capi senza tempo, orfani di tendenza o stagionalità che promettono un guardaroba che è per sempre. Lo stile sta in ciò che c’è stato, c’è e ci sarà, secondo Peter Do, e per questo in sfilata mancano gli accenni delle stravaganze stilistiche contemporanee. Completi sartoriali, perlopiù neri, arricchiti da pochi e quasi timidi tocchi di colore. Niente eccessi, niente fuori posto. Camicie bianche di ogni foggia sono l’anima della collezione che ha tutta l’intenzione di lavorare sul concetto opposto alla moda stessa.

Una sfilata di una compostezza strabiliante in totale contrasto con l’anima contraddittoria ed irriverente del contemporaneo. C’è poco da vedere, ma il poco che c’è non è casuale. Così, tra sapienti giochi di sovrapposizioni e divertenti color block che regalano alla collezione un non so che di studiato, sfilano riferimenti all’heritage di casa Lang. D’altronde se oggi non metti qualcosa che faccia capire che il brand per cui disegni lo conosci non sei nessuno! Ed ecco che le poche e confuse stampe che animano i completi leisure prendono significato. L’idea di Helmut Lang di affiggere le pubblicità del brand sui cartelloni dei taxi, giudicata troppo popolare dai suoi colleghi snob, viene ripresa da Do che stampa sugli abiti l’immagine scomposta del taxi giallo. E come può mancare la didascalica cit alla frase:

“Your car was my first room / Our clothes on the floor like stepped-on flowers.”

Jenny Holzer

di Jenny Holzer, scritta sui celebri bottoni della griffe in omaggio all’installazione dell’artista nel cuore dello storico negozio di Helmut all’80 di Greene Street.

Siamo giunti davvero alla morte del ben vestire?

Scacco matto per chi pensa che sia giunta la morte del ben vestire, dell’eleganza classica e del gusto senza tempo. La dirompente forza del mondo streetwear ci ha abbagliati negli ultimi anni e ci ha convinti che sarebbe stata l’unica forma di futuro. Le passerelle registrano al contrario una polarizzazione del fashion system che viaggia su binari opposti tra l’estremo leisure e l’eleganza più classica. Questo scisma è figlio di una società di bianco o nero, in cui il grigio fatica ad entrare nell’immaginario comune. Un continuo aut aut che ci convince dell’assenza di sfumature in favore di un ragionamento per assoluti.

E allora l’assoluto con cui ragiona Peter Do è quello del senso stesso del vestire. Lavorare sul prodotto moda e sulla vestibilità dei capi in modo da adattarli ad un contemporaneo sempre più frenetico e difficile. Un guardaroba che duri realmente nel tempo in contrasto con i ritmi della medesima moda che, per definizione, è figlia della volubilità delle stagioni. Contro il suo interesse Peter per Helmut Lang vuole creare un armadio che non ha necessità di continui aggiornamenti convinto che:

“Il buon design è un design che sembra essere sempre stato lì”

Peter Do

foto: Vogue.com